Intervista a Padre Marian Kołodziejczyk MSF, attuale Superiore Provinciale della Provincia Polacca, realizzata il 17 Maggio 2007 a Roma. Intervistatore: P. Yohanes Risdiyanto MSF.
P. Risdi (R): Padre Marian, può raccontarci la sua esperienza di lavoro nel campo vocazionale?
P. Marian (M): Per tanto tempo feci il chierichetto nella mia chiesa parrocchiale di Santa Barbara, fino a 21 anni, allorchè entrai nella nostra Congregazione. Ma la mia vocazione è emersa quando volli diventare religioso sacerdote, un anno prima dell’esame di maturità. La mia storia come religioso è cominciata lì. Nel seminario facevamo tante cose insieme agli altri seminaristi. Lavoravamo anche nel campo della vocazione, come aiuto al padre che era responsabile delle vocazioni. Dopo aver terminato gli studi in seminario, sono stato ordinato sacerdote nel 1994. Subito dopo sono stato mandato a Roma come vice parroco nella Parrocchia della Santa Famiglia, per quattro anni. Lì ho lavorato anche con i giovani, in vista della vocazione. Dopo, mi hanno detto di andare a studiare la pastorale giovanile all’ Università Salesiana. Era anche un po’ vocazionale. Lì ho fatto la licenza, per tre anni. Dopo aver difeso la licenza, sono rientrato subito in Polonia per diventare il prefetto dei seminaristi.
Stando con i seminaristi, ho imparato come si fa a diventare un formatore. La mia idea era questa: stare con loro, vivere con loro e cercare di dare buon esempio. Anche se certe volte i problemi erano grossi e non si sapeva come risolverli. Ma insieme agli altri questi problemi si risolvevano. Tante volte ho fatto l’esperienza di questa cosa, che trovo bella e giusta: occorre risolvere i problemi anche assieme ai seminaristi, occorre parlare dei problemi. Non che quando c’è un problema non si dica niente, non ci si parli e subito si prendano delle decisioni. Io ho cercato di chiamare coloro che ne erano coinvolti e insieme abbiamo parlato del problema. Poi alla fine, certo che stava a me prendere l’ultima decisione. Prima, però, volevo sapere quale fosse l’opinione di coloro che erano coinvolti. Io ho visto che loro hanno apprezzato molto questo modo di fare: stare con i seminaristi, stare con i formandi.
R: Da dove ha imparato lei questo metodo di essere sempre presente tra i formandi?
M: Per dire la verità, io non ho imparato questo durante le lezioni, ma io ho sentito dentro di me che per loro questo andava bene e poi mi sono accorto che loro erano contenti di ciò. La mia presenza non era sempre necessaria per loro solo per risolvere dei problemi. No. Quando io mi trovavo sul posto, loro si sentivano più sicuri. Questo valeva anche quando non venivano da me a risolvere dei problemi. Infatti, tante volte io parlando a loro, dicevo che devono imparare a risolvere i problemi da soli e parlando fra di loro e non correre sempre dal superiore o dal formatore. Mi sembra che tanti l’hanno imparato. Ma… quando c’erano i problemi più grossi, dovevano rivolgersi a me. Venivano e parlavamo insieme e il problema si risolveva. Fino adesso, a me, anche dopo altri tre anni di lavoro diverso, sta a cuore questa presenza: bisogna esser presenti e stare assieme ai formandi. Questo aiuta tanto.
R: Come va la questione delle vocazioni in Polonia?
M: È diversa dal tempo di venti anni fa, quando io entrai. Io sono entrato nel 1987. Erano trascorsi nove anni dopo elezione del Papa Giovanni Paolo II. In Polonia erano gli anni con tante vocazioni, sia per i seminari diocesani che per i seminari religiosi. Pian piano, però, la situazione è cambiata. Dopo qualche anno le vocazioni erano diminuite un po’. Ultimamente, come vice provinciale, ero presente a un convegno dei religiosi, dove si parlava proprio delle vocazioni. Lì si è detto chiaramente, che in Polonia le vocazioni per i diocesani erano ancora tante. Ma per i seminaristi dei religiosi, le vocazioni sono calate, diminuite, non ce ne sono più così tante. Nel campo femminile, si dice che le cose vadano ancora peggio. Poche ragazze vogliono diventare religiose. Per le congregazioni contemplative, le vocazioni sono sempre allo stesso livello, mentre per quelle attive il numero è calato e anche per noi religiosi. Quando sono stato ordinato sacerdote, siamo stati ordinati in otto. Ma prima di me, c’erano i corsi più numerosi. Proprio a quel tempo, le vocazioni erano tante. Quest’ anno saranno ordinati cinque sacerdoti e cinque diaconi. Diciamo che, a questo livello, noi abbiamo ancora vocazioni. In noviziato abbiamo adesso sette ragazzi che si preparano ai primi voti. Guardando i numeri, avendo ogni anno sette - otto individui in seminario, possiamo dirci contenti, anche se una volta, quando si era in noviziato si era in quattordici. Ma oggi non è più come prima, è cambiato un po’.
E’ cambiata anche la qualità dei ragazzi che arrivano. Mi sembra che qualche anno fa, i ragazzi erano più sicuri di se stessi. Entrando in noviziato, erano convinti di voler diventare religiosi, di voler diventare sacerdoti. Adesso ne arrivano tanti, ma non sono sicuri. Fin quasi ai voti perpetui hanno delle difficoltà. Non sono convinti, non sanno ancora se vogliono fare voti perpetui, se vogliono restare o se devono ritornare a casa. Per questo direi che oggi il lavoro del formatore è più difficile che una volta, perché alcuni dicono, che la persona deve formarsi da sola. Quando uno è convinto di ciò che deve fare, allora, forse, la cosa è più facile. Ma adesso, con tutti i problemi che i giovani già hanno, se poi qualcuno entra in noviziato, loro non saranno mai in grado di formarsi da soli, assolutamente. Dovrà essere presente una o più persone, che faranno da guida a questi giovani.
R: Lei ha detto che i ragazzi di oggi sono meno sicuri che quelli di ieri. Potrebbe dirci quali sono i fattori che li hanno cambiati?
M: Penso alle diverse opportunità che hanno i ragazzi di oggi. Il mondo offre loro diverse possibilità. Tantissime cose! Mi ricordo che noi, ai nostri tempi, non avevamo così tante offerte. Tra noi sacerdoti confratelli religiosi parlavamo si di chi volesse andare in missione. Si sapeva che andando in missione si poteva vedere il mondo in modo più ampio e andare in diverse parti del mondo. Oggi non è necessario diventare missionari per andare in diversi parti del mondo, perché il viaggio in aereo non costa tanto. Il turismo si è sviluppato molto e, oggi come oggi, i turisti vanno in vacanza all’estero. Da questo punto di vista, il lavoro del missionario non è più cosi apprezzato, esso non viene più visto come una cosa interessante. Per andare in missione si deve esser convinti che è Gesù Cristo che lo vuole.
R: Torniamo indietro un po’. Dopo l’elezione di Papa Giovanni Paolo II c’è stato un periodo molto fecondo per le vocazioni. Possiamo dire che oggi abbiamo bisogno di avere una figura come lui?
M: Penso di si. In ogni tempo noi abbiamo bisogno delle figure forti e sicure, che ci fanno vedere la strada. Prima di Giovanni Paolo II, in Polonia, c’ era il periodo del governo comunista. Ma la Chiesa, diciamo, da un aspetto era perseguitata, dall’altro si sviluppava bene. Noi non abbiamo mai avuto problemi con le vocazioni. Ce n’erano sempre. Nel momento in cui il Papa Giovanni Paolo II è entrato in Vaticano, ce n’erano di più. Per quale motivo? Si trattava di una grande gioia: un nostro connazionale è diventato Papa! Prima nessuno osava neanche pensare una cosa del genere, poi quando ciò è accaduto, tanti giovani volevano diventare come lui; e non solo come lui, ma anche proprio servire Dio come ha fatto Giovanni Paolo II. La sua figura, la sua persona era così forte e sicura di se stessa, che a tanti ha fatto vedere la strada. Così i giovani sceglievano la strada religiosa, sacerdotale, e missionaria.
R: Cosa si sente lei di dire alla nostra Congregazione nel campo delle vocazioni?
M: Da noi in Polonia, tempo fa, si diceva che la nostra Congregazione ha vocazioni in Polonia, in Indonesia, dove c’è il seminario, e poi in Brasile, e precisamente nel Sud. Era una gioia per noi tutti sentire che nelle diversi parti del mondo ci sono vocazioni. Ma per me seminarista di un tempo, si trattava di mondi lontani: Indonesia e Brasile. Qualcuno raccontava di questi paesi, ma a nessuno veniva neanche in mente di parlare con qualcuno proveniente da quei paesi. Ogni tanto si vedeva che qualcuno veniva, ma ciò succedeva raramente. La frontiera della Polonia non era così aperta per tutti, come adesso. Oggi, quando io parlo con tanti confratelli delle diverse province, sono contento di sentire che ci sono vocazioni. Preoccupa un po’ il fatto, che non ce ne siano più in alcune province d’ Europa. Però, dando così un’occhiata generale, si vede nella storia, che per diverse congregazioni è sempre stato così: Se le vocazioni diminuivano in un posto, sorgevano in un altro. Per esempio: se in alcune province d’ Europa non ci sono più vocazioni, ce ne sono, però, tante in Indonesia. Anche da noi in Polonia ce ne sono ancora. Adesso noi, in Polonia, in seminario, abbiamo alcuni studenti dalla Bielorussia. Chi lo sa se in futuro lì la nostra Congregazione non avrà un’ altra provincia. Questo non lo si sa. E’ troppo presto per parlare di ciò. Ma una Congregazione, diciamo, se da una parte diminuisce o se anche alcune province quasi devono chiudere, in altri posti del mondo ci sono vocazioni, per esempio in Madagascar. C’è, quindi, la speranza che proprio lì la Congregazione possa crescere. E poi, siccome anche proprio di questo ne parleremo durante il Capitolo Generale, chi lo sa se dal Madagascar o dall’ Indonesia non possano venire dei nostri confratelli in Europa. È una cosa un po’ difficile, però pur sempre possibile.